La separazione “sufficientemente buona”

separazione

Donald Winnicott (1896-1971), psicoanalista inglese di stampo freudiano, ha avuto il merito di liberare la figura materna dall’ impegno di dover essere perfetta e infallibile, per non causare irreversibili traumi alla propria prole.

Occupandomi di genitorialità, soprattutto in ambito di situazioni di separazione e divorzio, ritengo opportuno riprendere il concetto di D.Winnicott anche in questa sede, per aprire riflessioni con tutti coloro che, in diversa misura si trovano a vivere questa situazione, sia da un punto di vista personale, sia professionale.

Separarsi oggi rappresenta un momento della vita di una coppia, un cambiamento per tutto il nucleo famigliare che non significa fallimento, sconfitta o insuccesso. Per quanto una separazione rappresenti un momento di difficoltà, sofferenza e dolore per tutti i protagonisti della storia, è possibile che una separazione possa essere considerata “sufficientemente buona” e questo, ritornando a Winnicott, significa liberarsi dall’ incombenza di dover essere “famiglia perfetta” a tutti i costi, per il bene dei figli. Affinchè una separazione possa definirsi tale, si deve mantenere il focus sulle relazioni, permettendo a queste di continuare, indipendentemente dal cambiamento del contesto.

Infatti, la ricerca famigliare considera la famiglia come il risultato di relazioni e dinamiche storiche, ed è la qualità e le caratteristiche di queste che determinano, realizzano ed incidono sugli sviluppi dei singoli individui. Per questo, è bene parlare di separazione coniugale e non famigliare, poiché le persone si separano ma le relazioni restano e devono continuare.

L’osservazione, da un punto di vista pedagogico, mette a fuoco l’attenzione sulle relazioni e il loro continuum oltre la famiglia, poiché sono queste che definiscono l’educazione e incidono sul benessere famigliare. In base a questo principio, anche dopo la separazione, i figli devono continuare a beneficiare degli effetti di una buona relazione, che va oltre il sistema famiglia. Non è sicuramente facile e non esiste un metodo infallibile, ma attraverso un buon orientamento genitoriale ed una maggiore attenzione ai bisogni dei figli, è possibile che la separazione possa definirsi “sufficientemente buona”.

Contrariamente a quanto sopra, la tendenza dilagata in questi ultimi anni ha portato all’innescarsi di meccanismi sempre più complessi e patologici, dove il figlio rappresenta un problema da gestire o peggio un oggetto da mercanteggiare, mentre resta una persona da rispettare, con i propri bisogni ma soprattutto con i propri diritti.

Anche la giurisprudenza si è attivata in questo senso, ad esempio attraverso due recenti Decreti Legislativi e mi riferisco al D.L. 219/2012 e al D.L. 154/2013, che definiscono regole sempre più chiare, favorendo i figli nell’esercizio dei propri diritti.

Auspico che il dialogo tra la pedagogia e la giurisprudenza possa continuare, che i futuri orientamenti permettano di sviluppare strategie educative funzionali ad una genitorialità così complessa, e che ai figli venga garantito il diritto di accedere ad una separazione coniugale sempre più “sufficientemente buona”.

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